l’estetica della rimozione // the aesthetics of denial

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Le immagini dell’invasione e del massacro di Gaza non ci stanno dando tregua in queste ultime 20 notti di guerra.

Da
un lato ci sono le immagini inviate da chi a Gaza ci sta, da chi sta
sotto le bombe giorno e notte, le giornaliste e i giornalisti
palestinesi e gli stranieri che hanne fatto la coraggiosa scelta di
rimanere in quel gigantesco terreno di sterminio che e’ la striscia e
che continuano a inviare notizie e immagini che si diffondono
attraverso la rete.

Alcuni di questi sono: 

Vittorio Arrigoni con guerrilla radio

Laila El-Haddad (che non e’ a Gaza ma e’ in contatto continuo con la famiglia e le conoscenze che si trovano li) en

Electronic Intifada ("news from the conflict from a Palestinian perspective) en

 

Ma
ci sono anche le altre immagini, quelle messe nelle gallerie
fotografiche dei quotidiani online, da repubblica.it a bbc.co.uk, che
non mi stanno dando tregua. Sono le immagini catturate dalle troupe
fotografiche e televisive internazionali appollaiate sulle colline
intorno a Gaza, che ritraggono le bombe che cadono, gli apache che
sorvolano e sganciano, le striscie bianche e nere di fumo, le fiammate
del fuoco dei razzi e delle bombe. Il fumo in particolare si staglia
perfettamente contro il cielo azzurrissimo della Palestina. Le notti
nere-nere si prestano bene a fare da sfondo a Gaza che brucia, alle
fiammate gialle e arancioni delle bombe che esplodono. 

Queste
immagini sono perfette, producono un piacere estetico feroce, e ci
rincorrono giorno dopo giorno in mazzetti da 30 – una dopo l’altra, una
scia di fumo piu’ eterea dell’altra, una pioggia di fuochi di artificio
catturata meglio del giorno prima. Me li immagino annoiati e frustrati,
i fotografi appollaiati su quelle colline con i loro lunghi obbiettivi.
Me li immagino che cercano l’immagine perfetta della bomba in volo, velocita’ di scatto un milionesimo di secondo, apertura del diaframma 1.7,
credo sia  simile a fare il foto-giornalista sportivo, questo mestiere.
Lunghe giornate passate ad aspettare, una sigaretta dopo l’altra, e
tutto si gioca nel giro di pochi secondi. Se non acchiappi il corridore mentre taglia il traguardo, sei fregato. 

Certo
queste immagini di cieli e skyline aiutano a tenere lontano il
conflitto, a supportare la versione israeliana ufficiale di cio’ che
sta accadendo: un folle e inutile tentativo di rimozione dell’ovvieta’
dei fatti, che sotto attacco non sono i "terroristi di Hamas" ma tutta
la popolazione civile di Gaza, che sta venendo macellata nella quasi
completa indifferenza del mondo.  

Ieri mentre guardavo Waltz with Bashir al cinema (il Mink ce ne da una bella recensione qui, in inglese, e anch’io sono
troppo pigra per tradurre), continuavo a pensare a quelle dannate foto
di repubblica.it. Ari Folman ha fatto un documentario – innovativo
nell’approcio e tecnicamente un bel lavoro  – che affronta la questiona
della memoria, della rimozione e della colpa dal punto di vista del
carnefice. Il fulcro del film e’ il massacro di civili palestinesi nei
campi profughu di Sabra e Shatila durante il conflitto Israelo-Libanese
del 1982. Il protagonista scava nella proprio memoria e in quella dei
suoi commilitoni  per ricostrire il proprio ruolo nel massacro, avedo
lui perso/rimosso tutte le memorie di quella guerra. Emerge che anche
molti degli uomini che erano con lui in quei giorni hanno memorie
frammentarie e parziali di quegli eventi. Attraverso un percorso che lo
porta a parlare con diverse persone, un’immagine piu’ chiara del suo
coinvolgimento emerge. D.
sostiene che il film e’ troppo schiacciato sul personale e in ultima
analisi risulta buonista, con una mezza assoluzione morale dei soldati
israeliani presenti – emergono come complici attivi ma non carnefici.
Sicuramente questo e’ un limite del lavoro. Fatto sta che per me la
questione e’ entrata in risonanza in maniera potente con gli
avvenimenti di questi giorni, e cio’ lo ha reso calzante. 

*****************  ******************

Ci
sono poi le persone ostinate che non vogliono e non possono rifiutarsi
di capire quello che sta accadendo a Gaza e si ostinano a manifestare
la rabbia, il dolore, lo sdegno, eccetera. 

In versione ridotta,
ieri a Londra si e’ tenuto una specie di sit in in Trafalgar Sq, a naso
ci saranno state 10.000 persone. Una foto qui sotto. Un’altra
manifestazione nazionale e’ in programma per sabato prossimo. Un
bell’articolo sul Manifesto dell’amico P. sulla manif di sabato scorso,
10 gennaio, lo trovate qui.

More updates to come.

gaza 17

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One Response to l’estetica della rimozione // the aesthetics of denial

  1. indipendanza says:

    hi dear
    grazie per le news filopalestinesi!
    fino a qnd resti in the city?
    che sto org gli spostamenti danzanti attorno al mondo della mia persona.
    a presto!

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