work is on my mind

Oggi ho avuto una piccola folgorazione, un po’ preoccupante:

io ultimamente passo 95% del mio tempo a pensare al lavoro.

Come si manifesta questa monomania?

Si manifesta in molti modi, il primo dei quali e’ il piu’ banale e pervasivo di tutti:

  Faccio due lavori
poco appaganti e interessanti, pagati male e che non mi donano
prospettive gioiose per il futuro. Sono oltretutto lavori cosiderati
non molto bene, e con forti connotazioni di genere: sono segretaria e
telefonista.  

In piu’, in uno di questi lavori,
parlo al telefono con persone che si sono laureate da poco, e gli
faccio domande che riguardano la loro situazione lavorativa. Per cui mi
becco molte ore di brevi conversazioni, alcune ripetitive, altre
interessanti, da cui traspaiono in mille piccoli modi le ansie, i
desideri, le frustrazioni e le paure di una generazione di persone
altamente qualificate molto impaurite dal proprio futuro. Chiamo
persone che si sono laureate in Inghilterra, di tutte le nazionalita’.
Parlo con moltissimi Italiani, visto che i miei colleghi mi passano
automaticamente tutti numeri che cominciano con il fatidico +39. Forse
per via della lingua, o chissa’, i connazionali sembrano piu’ inclini a
lasciarsi andare alle chiacchere, e ascolto un sacco di sconforto. Ieri
con una ragazza abbiamo fatto una lunga chiaccherata parlando della sua
situazione al rientro in Italia, parlando di diaspora e fuga. Mi
chiedeva angosciata se secondo me doveva tornare in Inghilterra, che in
Italia era messa male, e mi chiedo veramente quanto devi essere messa
male per chiedere consigli a una telefonista che ti chiama per
un’intervista telefonica. 

   Quando non lavoro,
passo molto tempo a cercare altro lavoro: lavoro migliore, lavoro
pagato meglio, lavoro gratuito ma potenzialmente utile, lavoro
impossibile. Questo comporta passare molto tempo in internet e poi
molto tempo a compilare application form, ad adattare curriculum e a scrivere lettere di presentazione. 

Oggi per esempio in pausa
pranzo sono corsa a un colloquio per uno stage non pagato, in un bar
fighetto dall’altra parte della citta’, davanti a due ragazza
giovanissime e bellissime che si specchiavano negli schermi dei loro
Mac Book Pro aperti, entusiasmo che sprizzava da tutti i pori. Io a
malapena riuscivo a racimolare l’entusiasmo necessario per aprire la
bocca e rispondere alle domande. Anche perche’ poi le preoccupazioni
che mi prendono non sono tanto legate alle mie capacita’ lavorative,
quanto piu’ al mio aspetto fisico, all’abbigliamento, ai capelli. Non
mi prenderanno mai perche’ sono troppo bassa. Non potranno mai
scegliere me, sono 15 anni che non entro da un parrucchiere e si vede.
Ecco, ho le unghie sporche, vedrai che non mi vogliono.
Magari a dirla cosi’ fa anche ridere, ma io non so di venire giudicata per il mio aspetto piu’ che per le mie capacita’: io lo sento. E’ un sentire che affonda le radici nel profono, in maniera completamente irrazionale.

   Poi oltretutto organizzo un cineforum sul tema, intitolato Unemployed Cinema, di
cui trovate il link qui a fianco se vi interessa vedere i film che
proiettiamo. L’ultimo, cha abbiamo visto domenica, e’ CHOP SHOP, e lo
consiglio vivamente, e’ un film ambientato in una strada di Queens, New
York, in un setting incredibile e improbabile, piu’ che NY sembra di
stare in una citta’ africana, e’ una strada di meccanici di auto,
quindi un sacco di vita di strada, di hustling, la
strada e’
diroccatissima e sempre inondata di acqua, e il film segue la vita di
un ragazzino giovanissimo e sua sorella adolescente che cercano di
sopravvivere in una vita completamente assorbita dal lavoro e dalla
sopravvivenza, senza respiro. Il film ha dell’eccezionale perche’
riesce a raccontare della vita di strada di un ragazzino senza cadere
in sentimentalismo, paternalismo, o moralismo di alcun tipo – piuttosto
ti immerge nella quotidianita’ frenetica e senza orizzonti dei due,
sempre dal punto di vista, anche fisicamente basso, del ragazzino. E’
girato a mano e montato
veloce, con uno stile estetico ottimo ma senza essere mai
esteticizzante o pretenzioso. Cattura poi in maniera brutale come il
lavoro e la preoccupazione per i soldi ti cambiano dentro in maniere
che non ti puoi neanche immaginare e di come il potere penetri in ogni
relazione. 

 

   Per tornare al tema iniziale, ci sono poi le conversazioni con gli amici: e
di cosa si parla? di quanto odiamo il lavoro che facciamo, di quanto
non troviamo lavoro, di quanto stiamo cercando lavoro, di quanto ci
pagano, di cosa faremmo se solo…

Con una cara amica ho litigato di brutto, e ancora non ci siamo
appacificate, perche’ siamo state chiamate allo stesso colloquio e per
ragioni che sono troppo lunghe da spiegare, ci siamo scazzate. Ieri
avevo appuntamento con un amico alle 20, io gli ho scritto un sms alle
21 dicendo: "sono uscita ora dal lavoro, che si fa?". Ping Ping, sms di
risposta alle 23: "io invece sono uscito ora…Devo trovare una
soluzione". Oggi bevo una birra con 2 amici italiani appena arrivati a
Londra per imparare l’inglese, e con i visi preoccupati e stupiti mi
raccontano delle loro disavventure di ricerca di un lavoro. …e avanti
cosi’, ad nauseam. Mi sembra di non riuscire ad avere una mezza
conversazione seria con nessuno, senza ritornare a ripetere lo stesso
ritornello maniacale.

Ma che lo dico a fare? Non sono novita’ per nessuno. Pero’ a me
ormai anche lo schema analitico della precarieta’ sta un po’ stretto – qui si parla di qualcosa di diverso

 

 

 

COMUNQUE, non parlo
da una posizione di sconforto o depressione, tutt’altro, ma piuttosto
osservo questa omnipresenza del tema lavoro con rabbia – perche’ e’
limitante e sottrae energia, tempo e spazio mentale a cio’ di altro che
invece vorrei fare, di cui vorrei discutere e sentire, come i nostri
desideri, i pensieri un po’ random, le forme delle foglie…

 

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3 Responses to work is on my mind

  1. li says:

    silvia, in questo momento pappe e pannolini sembrano un cambiamento molto bello. anche se cadono anche loro nella categoria lavoro temo…
    un grande bacio anche a te, a presto?

  2. silvia says:

    che bello il tuo blog aggiornato! se vuoi, comunque, possiamo parlare di pappe o di pannolini… ti offro un grande cambiamento! Un grande bacio.

  3. b. says:

    incredibile, arriva l’estate (a pechino la primavera dura una settimana) e io mi sto perdendo dietro ad un cristallo di neve.

    🙂
    b.

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