Love and words are politics

Sono riuscita ad acchippare un  solo biglietto per il London Lesbian and Gay Film Festival  che e’ appena cominciato ed e’ gia’ quasi completamente sold out (a dispetto di chi dice che non ha piu’ senso fare un festival dedicato ai film LGBTQ, evidentemente un desiderio esiste). 


Ho visto ‘Love and words are politcs’ della regista francese Sylvie
Ballyot, un documentario sperimentale che nasce quando la regista si
reca un Yemen per fare un film sull’amore e deve sospendere le riprese
dopo 5 giorni di lavoro perche’ le autorita’ distruggono tutto il
girato e perche’ l’incolumita’ della protagonista e’ in pericolo. 

Dunque il documentario parla di un film che non si puo’ fare, del
tentativo di esplorare tematiche legate all’amore e alla sessualita’
con giovani yemenit*, della storia d’amore che esplode fra la regista e
la sua interprete franco/egiziana in un paese dove l’omossessualita’ e’
punita con la pena di morte.  

Quello
che mi ha colpito durante la proiezione e’ stata sopratutto la
ricezione del pubblico. Il film e’ difficile da vedere, ti mette
davanti a contraddizioni forti, unisce interviste molto formali a
giovani yemenit8 con momenti molto intimi e soggettivi, con lunghi
momenti in cui la regista, non sapendo cosa riprendere, riprende se stessa in mezzo a folle di uomini, per strada, nei souk, nei bar, aspettando che succeda qualcosa, e non succede mai niente.
Dell’amante interprete che non puo’ mostrarsi vediamo i capelli, pezzi
di corpo, un profilo in controluce, alcuni ricci nel vento. 

Insomma
in me queste giustapposizioni creano una specie di nodo nello stomaco e
una sensazione di ansia che vengono esacerbate durante le interviste
formali in cui le giovani donne e i giovani uomini rispondono, o meglio
tentano di non rispondere a domande dirette sull’amore, sul
matrimonio e sull’omosessualita’. In questi momenti il tipo seduto
vicino a me, e non solo lui, esplode in un mix di risate represse e si
sbuffi di schiock alle risposte da manuale dei ragazzi: le donne sono
fatte per fare le casalinghe, gli omosessuali sono anormali, una donna
dopo i 25 anni se non e’ sposata ha un problema. 

Ecco
l’impressione che ho avuto che alcune persone escono da questo film
invece che con molte domande, con molti pregiudizi confermati. Lo so
che le letture che vengono fatte di un film non sono controllabili, e
che va bene cosi’, anche, ma mi e’ salita un’angoscia. Dove sta la
responsabilita’ di una regista che crea un lavoro cosi’ ambiguo che la
sua lettura puo’ risultare controproducente? Si possono fare dei film
che non sono letterali e lineari ma che non incentivano le
interpretazioni ‘sbagliate’? ben inteso che non ci sono letture sbagliate, ma a volte si.

 

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